Storie di Pow(H)er Generation
Storie di Pow(H)er Generation con Eucardia
Nome e Cognome | Francesca Parravicini
Ruolo | Founder, Investor Relations and Corporate Communications
Nome startup | Eucardia
Settore | Medtech
Anno di lancio | 2014
Per la rubrica Storie di Pow(H)er Generation,
oggi intervistiamo la founder di Eucardia
Di cosa si occupa e qual è il punto di forza di Eucardia?
Eucardia sviluppa l’Heart Damper®, dispositivo innovativo per la terapia dello scompenso cardiaco, un’emergenza sanitaria di cui si parla poco che, però, è la prima causa di ospedalizzazione per le persone over 65. Con l’Heart Damper® Eucardia intende offrire a milioni di pazienti una soluzione terapeutica più semplice, precoce e meno invasiva rispetto a quelle attualmente disponibili, con l’obiettivo di migliorarne qualità e aspettativa di vita, riducendo al contempo gli ingenti costi sanitari per la loro assistenza.
Com’è nata l’idea?
Eucardia è nata da un’intuizione di mio padre, Roberto Parravicini. Cardiochirurgo e professore benemerito di Cardiochirurgia, che durante la sua lunga carriera ha incontrato innumerevoli pazienti affetti da scompenso cardiaco, per i quali non esiste purtroppo oggi una soluzione terapeutica che consenta di avere una buona qualità della vita. Lo scompenso cardiaco compromette la capacità del cuore di pompare sangue ossigenato. È una malattia cronica e progressiva: vale a dire che i sintomi (tra gli altri, affaticamento, palpitazioni e dispnea) peggiorano con l’andare del tempo. Nelle ultime fasi, sono invalidanti: i pazienti hanno difficoltà a svolgere i movimenti e le azioni più elementari (dal respirare all’alzarsi dal letto), e sono costretti a frequenti ricoveri. Lo scompenso cardiaco viene trattato in modo differente a seconda dello stadio di avanzamento: nelle prime fasi con i farmaci e nelle ultime fasi con dispositivi che aiutano il cuore a pompare sangue oppure svolgono il lavoro al posto suo. Si tratta di device molto invasivi, che comportano per il paziente un altissimo rischio di mortalità e una pessima qualità di vita. Mio padre ha immaginato di poter intervenire nel mezzo: quando i farmaci, da soli, non sono più sufficienti per la gestione dei sintomi, ma la situazione ancora non richiede l’impianto di uno dei dispositivi cui accennavo poc’anzi. L’Heart Damper® è rivoluzionario perché semplice, leggero, mini-invasivo, e non richiede fonti energetiche esterne: una volta sul mercato, potrebbe essere una soluzione precoce, decisamente più economica e meno invasiva di quelle attualmente esistenti. Attorno a questo dispositivo abbiamo costruito e fondato Eucardia, dopo un lungo periodo di ricerca di partner interessati ad affrontare con noi questo progetto di sviluppo.
Con Eucardia hai realizzato un tuo sogno nel cassetto o hai stravolto i tuoi piani?
Quale è stato il momento di soddisfazione più grande che hai vissuto nel contesto della tua avventura imprenditoriale?
Il primo a venirmi in mente è quello in cui mio padre e io abbiamo fondato Eucardia: era quasi Natale, ci trovavamo a Milano, a pochi passi dal Duomo, insieme a una mezza dozzina di persone che avevano creduto nel nostro progetto. Tra loro c’era Marco Bottaro, che ancora oggi è il CEO di Eucardia (o, per meglio dire, una sua colonna). Marco è uno di quegli incontri che solitamente si definiscono “fortunati”, ma nei quali la fortuna c’entra di solito ben poco: credo che, se ci si rivolge al mondo con fiducia, il mondo ricambi generosamente, e l’incontro con Marco è senza dubbio uno di quelli che mi confermano in questa mia convinzione. Quel pomeriggio, comunque, è stato magico: per certi versi mio padre e io eravamo a un punto d’arrivo (sederci a quel tavolo aveva richiesto anni di lavoro e impegno), ma, al contempo, eravamo consapevoli di essere sulla soglia di un sentiero tutto nuovo, ancora da disegnare. Bellissimo.
Dato che sono una persona fortunata, e di momenti di soddisfazione Eucardia me ne ha riservati parecchi, mi fa piacere citare anche quando, per la prima volta, abbiamo visto l’Heart Damper® muoversi in un cuore battente e potuto osservare, dati alla mano, che faceva esattamente ciò per cui era stato pensato, ovvero migliorare i parametri connessi con l’insufficienza cardiaca. Mi rendo conto che commuoversi di fronte a una fluoroangiografia sia esperienza poco comune e dunque, forse, difficilmente comprensibile, ma è proprio ciò che è successo: eravamo in tre o quattro, bardati con pesantissimi grembiuli anti-radiazioni sopra agli indumenti da sala operatoria, tutti con le lacrime agli occhi.
Quante persone conta il vostro team attualmente?
Sono particolarmente orgogliosa del fatto che Eucardia, negli anni, sia riuscita a coinvolgere un team dalle competenze diversificate e complementari nel campo della ricerca sperimentale e clinica in ambito cardiochirurgico e cardiologico, dell’ingegneria biomedicale e dei materiali, dei regulatory affairs, dello sviluppo e della gestione di imprese ad alto contenuto tecnologico. Oltre a Marco, Eucardia può contare su Francesco Piccagli, ingegnere biomedico con oltre dodici anni di esperienza nello sviluppo di dispositivi cardiovascolari; su Edoardo Tronchet, regulatory affairs manager con esperienza nella pianificazione strategica e nella presentazione dei requisiti per l’ottenimento delle marcature CE e FDA nei maggiori Paesi del mondo; su Emanuele Ottina, managing director con oltre vent’anni di esperienza nell’alta finanza, che ci supporta sotto il profilo del fundraising; last but not least, su Andrea Colli, cardiochirurgo e professore di Cardiochirurgia con esperienza internazionale, succeduto a mio padre nella direzione scientifica del progetto. Oltre al proprio core team, Eucardia può contare su un Board Scientifico del quale fanno parte illustri professionisti del settore medico, che credono nelle potenzialità dell’Heart Damper® al punto da condividere con l’azienda la loro straordinaria esperienza clinica, accademica e di ricerca.
Quale Hai avuto difficoltà nel reperire i finanziamenti?
Finora hanno creduto in Eucardia numerosi investitori privati, che hanno compreso la portata del nostro progetto e le sue potenziali, positive ricadute in ambito sanitario e sociale: riguardando una quarantina di milioni di persone nel mondo, lo scompenso cardiaco ha inevitabilmente un elevato costo sociale. Per dare un solo dato, negli Stati Uniti il costo per la perdita di produttività correlato allo scompenso è stimato in $ 8.2 miliardi all’anno, un’enormità. A credere in noi, poi, sono state anche le più prestigiose competizioni del mondo start-up: nel 2016, per esempio, ci siamo aggiudicati il Premio Gaetano Marzotto e il relativo grant, mentre nel 2019 abbiamo ricevuto un finanziamento dal Programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione europea. Nonostante ciò, dal momento che conduciamo un progetto ad alta intensità di capitali, il fundraising non può che essere un’attività costante, che corre parallela e cerca anzi di anticipare la ricerca scientifica, che può proseguire spedita solo in presenza di adeguata capitalizzazione. Le difficoltà ci sono state e ci sono: confidiamo nella possibilità di ridurle grazie agli avanzamenti scientifici che stiamo perseguendo.
Come vedi la tua impresa tra dieci anni?
Eucardia sta lavorando affinché l’Heart Damper® possa approdare il prima possibile sul mercato. E dunque, tra dieci anni, quando questo risultato sarà stato non solo raggiunto, ma consolidato, e il nostro dispositivo sarà disponibile per i pazienti, immagino che Eucardia stessa sarà cresciuta e avrà raggiunto un maggior grado di maturazione: il team sarà decisamente più ampio e, magari, avremo lanciato progetti tangenziali a quello principale, sfruttando le possibilità offerte dalle tecnologie digitali e dai big data. Le idee non ci mancano.
Quali conseguenze positive ha apportato la maternità sul tuo business?
Siamo abituati a pensare che l’esperienza della genitorialità comprometta le nostre capacità lavorative, almeno per i primi anni, perché i bimbi di notte dormono poco o niente, richiedono costantemente la nostra attenzione, hanno sempre fame e il nasino che cola, il che si traduce in una colossale stanchezza. Tutto ciò è vero, ma non è tutto: è una fettina infinitesimale di una torta gigante piena di scoperte. Dopo anni e anni di bombardamento sulle difficoltà connesse all’esperienza della maternità, cui hanno fatto da contraltare poche e sparute voci su quanto invece potesse essere divertente e arricchente (per chi lo desidera, è chiaro), per me è stato incredibile rendermi conto che diventare mamma – come sostengono Riccarda Zezza e Andrea Vitullo in un libro magnifico, La maternità è un master – ha addirittura potenziato tante mie competenze: mi ha reso una negoziatrice migliore (perché più paziente, più lucida, maggiormente distaccata), ha messo il turbo alle mie capacità di problem solver e di gestione del tempo, e ha velocizzato la mia capacità decisionale, semplificando i criteri di definizione delle mie priorità.
Grazie a Francesca per aver condiviso la sua storia di empowerment,
con l’augurio che possa essere d’ispirazione per le Founder di domani!
Per maggiori informazioni sull’iniziativa Pow(H)er Generation ti invitiamo a scoprire di più sul sito ufficiale di Cariplo Factory.