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Terzo Settore e transizione digitale: applicare i processi di innovazione mutuati dal mondo corporate
Solo le istituzioni non profit in Italia sono 362.634 e impiegano 861.919 dipendenti (ultima rilevazione Istat 2019). A queste si affiancano cooperative sociali, associazioni, fondazioni. Il Terzo Settore è strategico per il raggiungimento degli obiettivi di inclusione previsti dal Pnrr: accelerare la trasformazione digitale delle sue realtà significa aumentare notevolmente il suo contributo al welfare del nostro Paese. Anche in vista dell’avvio nei prossimi mesi del nuovo Conto Satellite per l’Economia Sociale.
Ci sono però ancora molti ostacoli da superare: primo tra tutti il pregiudizio che il Terzo Settore sia qualcosa di diverso, lontano, altro. Si tratta sempre di imprese: come il tessuto di PMI italiano, anche le imprese del Terzo Settore possono giovare dei percorsi di digitalizzazione a disposizione delle aziende produttive.
Un’esigenza sempre più urgente. La transizione digitale, non è solo cruciale per il rilancio delle imprese produttive che formano la spina dorsale del Paese, ma anche per il Terzo Settore, che ha preso coscienza di quanto e come gli strumenti digitali, in primis i dati e la loro analisi, possano fare la differenza negli interventi sul territorio. Esattamente come le aziende produttive, anche quelle del Terzo Settore hanno capito – soprattutto durante il Covid – che la digitalizzazione è una parte fondamentale di una strategia che punti ad aumentare e migliorare la propria presenza sul territorio.
Spesso si tende a pensare che le realtà che compongono il Terzo Settore – vale a dire le istituzioni non profit, le cooperative, le associazioni, le fondazioni che si pongono come obiettivo la cura dei più deboli o dell’ambiente, nell’interesse della comunità – abbiano esigenze e bisogni diversi dalle aziende tradizionalmente intese, ovvero quelle che agiscono per generare profitti. Ma nella realtà dei fatti non è così: gli enti che lavorano nel sociale sono per la maggior parte strutturati come delle vere e proprie imprese, solo con un fine diverso, più nobile se vogliamo. E hanno le stesse necessità delle aziende, soprattutto nei bisogni trasformativi. Così come la PMI vuole trasformarsi per raggiungere meglio, con più efficienza, sempre più clienti, la cooperativa o l’ente non profit deve evolvere per presidiare meglio il territorio e fornire servizi sempre più puntuali, utili, per rispondere alle necessità reali delle comunità.
Dal Covid al PNRR: è il momento giusto per la digitalizzazione del Terzo Settore
Sin dalla fase dell’emergenza Covid più acuta, la spinta di resilienza e reazione allo choc ha fatto crescere l’uso degli strumenti digitali anche da parte degli enti del Terzo Settore, che hanno provato ad adeguarsi rapidamente, adottando strumenti per la formazione e il lavoro da remoto, convertendo modelli di servizio in digitale per continuare a rispondere alle esigenze delle persone e delle comunità, spostando online gli eventi programmati dal vivo.
Si è trattata, come per le imprese produttive, di una digitalizzazione frettolosa e legata alla contingenza. Ma è stata il motore di una presa di coscienza: portare il digitale nel Terzo Settore non solo è possibile ma è anche estremamente vantaggioso. Oggi, la sfida è quella di sostenere gli enti di questo comparto in un processo di innovazione maggiormente pensato e costruito a livello strategico, in modo da aiutarli a snellire le procedure, avere una maggiore presa sul territorio e fornire nuovi servizi più efficienti, conoscere meglio le comunità che servono grazie all’analisi dei dati e programmare meglio le decisioni – solo per fare qualche esempio di quello che il settore potrebbe fare con l’uso delle nuove tecnologie. Ma anche migliorare e rendere più efficiente i processi organizzativi interni ed esterni, quando si parla di filiera e rete (che è un elemento di alto valore aggiunto che distingue il terzo settore per capacità di collaborazione); identificare e costruire nuovi strumenti digitali che efficientino la raccolta fondi e più in generale di peopleraising.
D’altra parte quello presente è il momento giusto per avviare un processo di transizione digitale nel Terzo Settore, oggi che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destina 48 miliardi di euro, il 25,1% dell’importo totale, proprio alla digitalizzazione. Il PNRR, infatti, si occupa anche dello sviluppo delle competenze digitali, con misure volte a migliorare le competenze digitali di base della popolazione e ad aumentare l’offerta formativa in materia di competenze digitali avanzate. Parte di questi fondi potrebbero essere usati dal Terzo Settore per migliorare le competenze digitali all’interno delle organizzazioni.
Come abilitare la transizione al digitale?
Che il digitale sia un’opportunità è evidente anche alle stesse realtà che lavorano nel sociale. Sugli oltre 360mila enti non profit censiti in Italia, la ricerca “La domanda di innovazione del Terzo settore”, condotta da Deloitte Private con TechSoup Italia (realtà che si trova all’interno dei nostri spazi e con la quale collaboriamo) e Fondazione Italia Sociale mostra come il 96% delle organizzazioni intervistate abbia una forte esigenza di innovare, con oltre il 70% che dichiara di investire in innovazione sia in ottica di miglioramento della propria offerta di prodotti e servizi, sia per quanto concerne l’ottimizzazione dei processi. Più del 60% conferma, però, di continuare a incontrare difficoltà nel promuovere l’innovazione. Le resistenze sono sia endogene sia esogene: all’interno da parte di dipendenti, collaboratori e volontari, all’esterno il freno principale rimane la Pubblica Amministrazione.
Proprio come accade per le imprese produttive, anche per quelle di questo comparto insomma spesso mancano le competenze interne anche solo per comprendere quali siano gli strumenti utili che possano rendere la propria organizzazione migliore. Per questo servono mediatori, abilitatori capaci di far incontrare prima e dialogare, poi, mondi diversi come quello degli esperti digitali e quello del Terzo Settore. Esperti capaci di guidare la transizione dall’interno favorendo il cambio di mentalità.
È importante che vengano sviluppate iniziative in questo senso, sostenute da chi questo processo lo promuove anche tra le aziende tradizionali. Tra queste sicuramente vi è il bando Evoluzioni da 1,8 milioni di euro lanciato da Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo per favorire i processi di transizione digitale e consolidare la cultura e le competenze dell’innovazione digitale negli enti privati senza scopo di lucro che operano in Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta. Un’operazione in cui noi di Cariplo Factory giochiamo il ruolo di abilitatore del cambiamento con lo specifico obiettivo di individuare gli advisor dell’innovazione capaci di far accelerare il Terzo Settore. Un progetto, insomma, che punta a creare nel tempo le competenze digitali necessarie direttamente dentro alle realtà interessate, in modo da renderle autonome. Di questo tipo di progetti sono gli enti stessi a sentire il bisogno: le realtà che hanno manifestato il loro interesse per il bando Evoluzioni sono oltre 200, tra cooperative sociali, consorzi, fondazioni, imprese sociali e associazioni.
Ci stiamo muovendo, finalmente, verso una sana digitalizzazione del Terzo Settore, che a cascata porterà beneficio alle comunità di tutta Italia.