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Diffusa, etica, integrata: le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa nelle aziende
Le intelligenze artificiali generative – dotate della capacità di comprendere il significato delle richieste poste da diverse tipologie di utenti e di sostenere una conversazione con gli esseri umani utilizzando il linguaggio naturale – sono solo l’ultima manifestazione di un insieme comune di tecnologie che sono andate sviluppandosi nel corso degli ultimi decenni e ancora ben lontane dall’aver raggiunto il loro massimo potenziale. In particolare, per quanto riguarda i chatbot basati sulla ”AI” generativa – quali Chat GPT o Google Bard – la decisione di mettere questi ultimi a disposizione di tutti, in maniera gratuita o a prezzi accessibili ai più, rappresenta un’importante soluzione di continuità rispetto al passato recente quando strumenti di analoga rilevanza erano utilizzabili solo in ristretti ambiti lavorativi.
L’impatto della democratizzazione dell’AI nei luoghi di lavoro
In questo contesto, appare sempre più evidente la tendenza a integrare gli strumenti di AI generativa all’interno dei più diffusi software di produttività, con la conseguenza di fornire a ogni professionista la possibilità di potersi servire di un vero e proprio assistente virtuale – ma sarebbe più corretto definirlo “co-pilota” – nello svolgimento delle proprie mansioni quotidiane: dall’analisi dei fogli di lavoro su Excel, alla realizzazione di slide su PowerPoint fino alla scrittura di codice per ottimizzare i programmi esistenti o crearne di nuovi. L‘impatto di questa diffusione di massa dell’AI nel mondo del lavoro potrebbe quindi avere conseguenze imprevedibili sia in termini di organizzazione del tempo in ufficio, sia dal punto di vista della stessa composizione dei team aziendali, con ricadute altrettanto importanti dal punto di vista sociale e culturale per le imprese e la società nel suo insieme.
Se è indubbio che gli strumenti odierni di intelligenza artificiale generativa abbiano ancora bisogno di una forte supervisione umana, lo è altrettanto il fatto che la crescita esponenziale degli investimenti destinati a questo settore da parte di aziende come Microsoft, Google, Meta e da parte degli investitori di capitali di rischio (come dimostra l’esempio della startup Mistral, che ha ricevuto questo mese il più grande investimento “seed” di sempre in Europa) porterà a un netto miglioramento degli strumenti disponibili sul mercato e della qualità delle risposte fornite agli utenti in termini di precisione e veridicità. In un futuro non troppo lontano le AI generative saranno dotate di competenze (“skills”) sufficienti a metterle nelle condizioni di svolgere un numero crescente di attività in completa autonomia, con la conseguenza di una progressiva riduzione dello stesso lavoro di supervisione operato dall’uomo.
L’importanza della scelta dei fornitori e la misurazione delle ricadute ambientali e sociali
Dal punto di vista aziendale, sarà quindi determinante tanto la formazione dei dipendenti che dovranno conoscere le tecniche migliori per interagire con queste “intelligenze” in maniera proficua, quanto la capacità di scegliere i migliori fornitori dei servizi di AI, mantenendosi al passo con le ultime innovazioni di mercato. In particolare, le aziende dovranno essere in grado di selezionare non tanto i fornitori di maggior successo mediatico, quanto quelli che garantiranno il massimo livello di rispetto delle normative sovranazionali e della riservatezza di informazioni, documenti e richieste che dipendenti e manager condivideranno con i chatbot di volta in volta impiegati, e che potrebbero essere utilizzabili dagli ideatori di questi ultimi nel contesto di una possibile competizione futura. In questo senso, anziché rallentare l’innovazione, le normative future potrebbero aiutare a valorizzare i fornitori più attenti alla tutela dei dati dei propri clienti, affinché la cura posta agli aspetti etici delle tecnologie non sia un freno alla loro competitività sul mercato.
Altrettanto importante, per le aziende, sarà la capacità di misurare e valutare in anticipo le ricadute di questi strumenti sulla propria sostenibilità ambientale e sociale, e individuare le modalità di adozione ottimali per attutire o azzerare del tutto l’aumento delle emissioni e dei costi energetici, ma soprattutto il venir meno di alcuni ruoli professionali. Se da un lato sarà importante prevenire le possibili conseguenze sulla forza lavoro attuale, altrettanto sarà esplorare le potenzialità dell’AI in termini di creazione di nuovi posti di lavoro (analisti dei dati, sviluppo dei plugin, fine tuning dei modelli) ma anche di crescita delle opportunità per quelle categorie di persone che – penalizzate da qualche forma di disabilità, come ad esempio gli ipovedenti – potrebbero aumentare le loro capacità grazie all’utilizzo di “co-piloti” in grado di assisterli nelle mansioni più gravose dal punto di vista fisico. L’adozione dell’AI non sarà mai un gioco “a somma zero,” ma solo decisioni consapevoli e investimenti mirati consentiranno di utilizzarla per generare benessere per tutti gli stakeholder coinvolti, anziché servirsene unicamente in chiave di contenimento dei costi e risparmio di tempo.
La necessità di uno sguardo e di una normativa globale per una tecnologia globale
In conclusione, la capacità di comprendere dal punto di vista semantico una molteplicità di richieste e fornire una risposta pertinente in base alle informazioni su cui il modello di AI è stato “allenato” è solo il primo passo di un processo che porterà questi strumenti a fornire risposte sempre più pertinenti, contestuali e aggiornate grazie alla connessione con la Rete, utilizzando un’ampia varietà di “skills” per svolgere compiti in totale autonomia. La regolamentazione dell’AI attraverso norme come l’AI Act, da poco approvato dal Parlamento Europeo, deve tenere conto di questi sviluppi futuri e della diffusione globale di una tecnologia che – per crescere, migliorare, creare valore – necessita di normative altrettanto globali, al fine di evitare pericolose ambiguità e distorsioni competitive nell’utilizzo dei singoli strumenti.
Ugo Castellani
CTO di Cariplo Factory