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Economia circolare: quattro pilastri strategici e la loro interazione vincente
Nell’arco di alcuni anni il concetto di economia circolare è passato dall’essere un tema poco nitido e onnicomprensivo – spesso accompagnato da termini quali “greenwashing” e “sostenibile” – ad essere riconosciuto come un modello economico definito per affrontare la transizione dell’economia reale verso un business rigenerativo e ciclico, abilitando nuove frontiere e logiche di profitto. Non a caso, alla fine di giugno 2021, a livello globale gli asset gestiti da fondi ETF ESG superavano i 2.000 miliardi di dollari, secondo il rapporto Global Sustainable Fund Flows di Morningstar.
Secondo la Ellen MacArthur Foundation, una delle realtà più attive nella promozione di questo modello di sviluppo, l’economia circolare può essere definita come “un’economia pensata per potersi rigenerare da sola, in cui i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. In questo senso, possiamo affermare che l’economia circolare è riconosciuta come abilitatore fondamentale per lo sviluppo di un sistema economico, industriale e finanziario sostenibile in ogni sua parte, fondato sulla rigenerazione delle risorse, sulla chiusura dei loop e sulla circolarità by design di prodotti e servizi.
Istituzioni, aziende, investitori, startup per il prossimo salto dimensionale
In questo scenario di ecosistema in transizione, confuso solo in apparenza, è possibile oggi identificare quattro tipologie di player strategici e sistemici che ricoprono ruoli precisi e sono funzionali al progresso del percorso di transizione al quale stiamo già in parte assistendo:
- Enti regolatori ed istituzioni, cruciali in quanto dotati del potere di direzionare i flussi di capitale necessari a sostenere lo sforzo economico intrapreso dal settore pubblico e privato, nonché incentivare la trasformazione di quei settori che hanno una minore capacità di indebitamento e sono maggiormente esposti a rischi fisici derivanti dal cambiamento climatico
- Operatori finanziari, nello specifico gli operatori di Finanza Responsabile e Finanza d’Impatto, che hanno l’opportunità di generare valore reale, adeguandosi rapidamente ai requisiti di compliance e negoziando l’obiettivo di impatto con la stessa moneta con cui negoziano l’obiettivo economico
- Grandi corporate, soprattutto quelle che operano nei settori a maggiore impatto ambientale, capaci di direzionare le scelte di tutti gli stakeholder lungo la propria filiera, chiedendo in upstream e in downstream l’istituzione di pratiche circolari trasparenti
- Startup, spinoff e centri di ricerca, la linfa dell’ecosistema dell’innovazione, in grado di ideare prodotti, processi e servizi abilitanti, nonché di portare soluzioni tecnologiche necessarie all’industria e alla società per compiere la transizione.
Per armonizzare la cooperazione di attori così eterogenei ed efficientare il processo di intersezione dei relativi interessi di profitto e di operatività è importante sottolineare come la disponibilità di figure specializzate all’interno dei consigli di amministrazione delle aziende – e non solo tra i quadri intermedi – sia oggi un elemento determinante per integrare la circolarità e la sostenibilità a un livello strategico. La presenza di queste figure consente infatti alle aziende pioniere di cogliere rapidamente le opportunità di innovazione e collaborazione, anticipare la compliance alle normative attese, utilizzare la circolarità come elemento distintivo, integrare i rischi climatici all’interno delle strategie di risk management e, infine, investire in un’ottica di medio e lungo periodo.
Alcuni indizi sull’efficacia dei modelli di supporto alla transizione
Seppure sia lecito avere più di un dubbio sulla profittabilità dei modelli di transizione circolare a causa dell’enorme complessità di sottofondo, è possibile individuare alcuni modelli già operativi e di riconosciuta efficacia: soprattutto per un occhio esperto e tecnico sul tema, è evidente infatti come la stretta collaborazione tra alcuni attori sistemici abbia già prodotto risultati significativi dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente e del ritorno economico auspicato in alcuni settori chiave.
È il caso, ad esempio, del mercato degli EU ETS (European Union Emissions Trading System). L’EU ETS opera secondo il principio del “Cap and Trade”, che prevede la definizione di un tetto (cap) che stabilisce la quantità massima di emissioni che possono essere raggiunte dagli impianti che fanno parte del medesimo sistema. Entro questo limite le imprese possono acquistare o vendere quote di emissioni in base alle loro esigenze e a certificati rilasciati dall’Unione Europea, servendosi di apparecchiature innovative di monitoraggio delle emissioni stesse: un modus operandi che prevede la cooperazione dei quattro player fondamentali – enti legislatori e corporate, che cooperano direttamente come attori sul mercato ETS, ed investitori e realtà innovative che indirettamente abilitano il processo di innovazione tecnologica – consentendo l’efficientamento ed il risultato economico.
Lo schema funzionale relativo al mercato degli EU ETS è un esempio che ci consente di generalizzare un’intersezione di esigenze ed interessi, semplice da ritrovare in contesti più variegati: da un lato l’obbligatorietà di monitorare e disincentivare emissioni riducibili da parte delle aziende più energivore, dall’altro la necessità di avere una regolamentazione su larga scala ed infine un meccanismo che incentivi e premi le imprese virtuose, pur continuando a consentire lo sviluppo economico. Tutto questo dimostra come l’orchestrazione di attori profondamente diversi sia la soluzione più rapida e plausibile alla trasformazione di tutto l’ecosistema. La stretta collaborazione tra enti regolatori, aziende e innovatori, coadiuvata da un sistema finanziario incentivante by design per le imprese che prima e meglio si adattano alla transizione è uno strumento vincente, che può non solo accompagnare, ma perfino accelerare la trasformazione di un intero modello di business.
Chiara Firmani
Sustainable Innovation Manager
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