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Verso l’Open Innovation “a impatto”: soluzioni sistemiche per sfide globali
L’anno appena concluso è stato caratterizzato da rilevanti sfide globali, tra cui l’instabilità economica, le tensioni geopolitiche e la crescita della disuguaglianza sociale. Di fronte a queste sfide si apre, oggi, l’opportunità per i leader filantropici e sociali di offrire soluzioni che possano generare benefici sia per le persone, sia per il pianeta, attraverso la reciproca collaborazione e promozione di trasformazioni sistemiche. In questo senso, approcci come l’Open Social Innovation e l’Open Impact Innovation possono rivelarsi vincenti nel rispondere collettivamente ai grandi problemi del nostro tempo.
Il paradigma Open Social Innovation per rispondere collettivamente alle sfide globali
Le sfide sociali e ambientali che affrontiamo oggi sono sempre più complesse e interconnesse e non possono essere risolte da un solo settore o da un’unica organizzazione. Abbiamo bisogno di un approccio sistemico, intersettoriale e collaborativo per avviare trasformazioni sostanziali e creare un impatto positivo nel tempo.
L’Open Social Innovation (OSI), che ha acquisito sempre più importanza nell’ultimo decennio, rappresenta oggi un paradigma vincente per ridefinire le modalità di risposta alle emergenze più critiche. Un nuovo paradigma, emerso gradualmente come risposta alla crescente complessità delle sfide sociali, che ha il potenziale di generare soluzioni più efficaci, con il coinvolgimento – da parte di attori dell’economia sociale – di una vasta gamma di soggetti provenienti da settori diversi.
Nello specifico, l’OSI è un modello collaborativo – promosso da diverse comunità di ricerca, esperti in innovazione sociale e sostenibilità – che incoraggia la partecipazione attiva di individui, organizzazioni e comunità nella creazione di soluzioni globali. A differenza dei modelli tradizionali, esso si basa sull’intuizione che la conoscenza e le risorse necessarie per risolvere problemi complessi siano distribuite in modo diffuso e che la collaborazione permetta di accedere a queste risorse in maniera più efficace.
L’Open Innovation “sociale” può, quindi, offrire una serie di benefici tra cui:
- Accelerare l’innovazione: l’accesso a un pool più ampio di idee e competenze accelera lo sviluppo di nuove soluzioni ai problemi sociali;
- Migliorare la qualità dei servizi: la collaborazione con stakeholder diversi, anche di natura innovativa, favorisce lo sviluppo di servizi più efficaci e pertinenti;
- Ridurre i costi: la condivisione di costi e risorse con partner esterni aiuta a ridurre i costi complessivi;
- Migliorare l’impatto: i soggetti coinvolti possono raggiungere un impatto maggiore in risposta ai problemi sociali e ambientali.
Due esempi concreti di innovazione sociale “aperta”: Coopen e Food Trails
In questa direzione va il progetto Coopen, un processo partecipativo il cui obiettivo è quello di favorire l’identificazione di soluzioni tecnologiche innovative, sostenibili e concrete per supportare lo sviluppo nel continente africano rispondendo a sfide specifiche in ambito di alimentazione e agricoltura, economia circolare, salute e benessere. Come? Attraverso la creazione di partenariati tra Organizzazioni della Società Civile (“OSC”) italiane e soggetti operanti nell’ambito dell’innovazione quali start-up, imprenditori innovativi, team di innovatori e centri di ricerca e università provenienti dall’Africa e dall’Italia.
Un altro esempio virtuoso è costituito dal progetto europeo Food Trails, di durata quadriennale, che ha come obiettivo quello di consentire alle città di re-immaginare, sviluppare e attuare politiche alimentari sostenibili, sane e inclusive. Coordinato dal Comune di Milano, il progetto ha aggregato 19 partner europei tra università, organizzazioni e città che hanno avviato i “Living Lab”: spazi di lavoro, dialogo e collaborazione per promuovere l’innovazione – anche attraverso la connessione e collaborazione con start-up e PMI -, mettere in contatto i principali stakeholder locali e raccogliere dati a sostegno del cambiamento delle politiche urbane in campo alimentare.
Il futuro? Fuori dai “silos”, verso l’Open Impact Innovation
Se da un lato il settore privato e quello filantropico possiedono le risorse e le competenze per trovare e supportare soluzioni innovative alle sfide sociali e ambientali del nostro tempo e del futuro, dall’altro entrambi devono essere disposti a lavorare insieme in ottica sistemica e condivisa, sgravando gli attori dell’economia sociale – quali imprese sociali, fondazioni, associazioni e altre organizzazioni non profit – dalla responsabilità di essere i principali e, a volte, i soli soggetti che si adoperano per ottenere cambiamenti positivi sul piano sociale e ambientale.
Per realizzare ciò è necessario abbattere i “silos” intersettoriali, adottando un approccio che potremmo definire dell’Open Impact Innovation, in cui ogni soggetto contribuisce in modo equo nella formulazione di una strategia comune e nella creazione di impatto sociale e ambientale positivo. I leader filantropici e aziendali, istituzioni, organizzazioni non governative, l’accademia e le comunità locali devono, in questo senso, essere disposti a cooperare in modo stabile al fine di individuare sfide e soluzioni comuni, collaborando con startup e PMI Innovative con l’obiettivo di generare un impatto complessivo maggiore di quello raggiungibile attraverso le reti “tradizionali”.
Le sfide che affrontiamo sono complesse e non possono essere risolte con soluzioni semplici e predefinite. Bisogna essere pronti a sperimentare nuovi approcci, soluzioni innovative e strumenti che consentano di co-disegnare le soluzioni con l’utente finale. In questo contesto, l’approccio dell’Open Impact Innovation può essere la chiave per creare un ecosistema di conoscenze aperto in cui ogni soggetto della società civile condivide – con una logica multilaterale – competenze, risorse e responsabilità nel generare un cambiamento positivo e un impatto duraturo nel tempo.
Lina Guglielmino
Impact Innovation Senior Manager