Life Sciences e Healthcare: quale ruolo per l’intelligenza artificiale?

Ridurre l’errore umano, assistere i professionisti e il personale medico, fornire assistenza ai pazienti 24 ore su 24, prevenire l’insorgere di malattie e sviluppare terapie personalizzate sulla base del profilo genetico di ogni paziente: sono innumerevoli gli ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale nel settore Life Science & Healthcare, e non è un caso che Research and Markets preveda che il valore di questo mercato possa passare dai 2,35 miliardi di dollari nel 2023 ai 2,92 miliardi nel 2024 con un CAGR del 24,2%, grazie a una maggiore adozione e sperimentazione nell’ambito R&D, della medicina di precisione, della farmacologia e degli studi clinici.

 

Numeri alla mano, è evidente come il settore Life Science & Healthcare rappresenti uno dei principali ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale e, al tempo stesso, uno dei settori più sfidanti nel processo di adozione su larga scala di questa tecnologia. In particolare, non vanno sottovalutati i potenziali rischi sul fronte della privacy e della cybersecurity sia dal punto di vista della raccolta, analisi e condivisione di dati sensibili e personali, sia dal punto di vista della qualità, affidabilità e trasparenza delle soluzioni di AI, che devono essere sottoposte a rigorosi standard etici e normativi per garantire il miglior output possibile.

 

Dalla robotica alla diagnostica, i principali ambiti di applicazione dell’AI nel Life Sciences & Healthcare e alcuni esempi di successo

 

In uno scenario in continua evoluzione, dove nuove startup e spinoff si affacciano ogni giorno sul mercato, è possibile identificare oggi cinque macro-settori che più di altri sembrano essere destinati a una sempre più stretta integrazione con tecnologie di intelligenza artificiale:

 

  • Robotica chirurgica. Grazie all’AI i chirurghi possono eseguire operazioni più precise, sicure ed efficienti, facendo ricorso a robot controllati da remoto e dotati di un crescente livello di autonomia. L’intelligenza artificiale può fornire anche assistenza pre e post-operatoria ai pazienti, monitorando le loro condizioni nel tempo e fornendo loro consigli e suggerimenti per il recupero.
  • Genomica e biotecnologie. L’AI può aiutare a sequenziare, analizzare e interpretare il DNA, identificando le varianti genetiche, i tratti ereditari e le malattie correlate, aiutando i medici a progettare terapie personalizzate basate sul profilo genetico di ogni paziente.
  • Diagnostica. L’AI può analizzare le immagini radiologiche, i test di laboratorio, le cartelle cliniche e i dati genetici dei pazienti, per individuare le possibili cause di una sintomatologia o per prevedere il rischio di sviluppare una patologia. L’AI può anche supportare i medici nel formulare una diagnosi, fornendo suggerimenti, evidenze e “secondi pareri” basati sulle evidenze scientifiche.
  • Digital therapeutics. L’AI può contribuire a sviluppare e implementare tecnologie digitali per prevenire, gestire o trattare le condizioni mediche in modo integrato o alternativo ai farmaci, ad esempio monitorando i dati dei pazienti, personalizzando le terapie, fornendo feedback e supporto, ottimizzando gli interventi e valutandone l’efficacia.
  • Drug Discovery. L’IA ha il potenziale per rivoluzionare il campo della farmaceutica, riducendo i tempi e i costi associati nell’identificazione di nuove molecole, migliorando al contempo l’efficacia degli studi clinici e massimizzando le possibilità di scoperta di nuovi farmaci, nell’ottica di fornire trattamenti innovativi ai pazienti in maniera più veloce ed efficiente.

 

 

L’utilizzo dell’AI in questi ambiti è già realtà da diversi anni ma solo nell’ultimo periodo – complice il successo mediatico di aziende come OpenAi – esso sta ricevendo la meritata attenzione e riconoscimento da parte del grande pubblico, delle istituzioni e delle stesse strutture sanitarie. Alcuni esempi di soluzioni virtuose, in tal senso, sono quelli di Startup Engenome, spinoff dell’Università di Pavia che utilizza l’intelligenza artificiale per agevolare le diagnosi genetiche e l’identificazione di malattie ereditarie, Mediktor, che offre soluzioni di triage e pre-diagnosi attraverso un chatbot conversazionale basato sull’IA, Insilico Medicine, che dichiara di aver avviato una delle prime sperimentazioni con un farmaco scoperto e progettato dall’IA, senza dimenticare il MIT, che ha sviluppato un metodo di apprendimento automatico con l’obiettivo di accelerare la scoperta di nuovi farmaci.

 

L’impatto sul “patient journey” e il cambio di rotta nell’ambito della medicina preventiva

 

Se si considera il punto di vista del paziente, infine, l’utilizzo di strumenti di AI rappresenta una soluzione di continuità soprattutto per quanto riguarda la medicina preventiva, grazie alla possibilità di individuare patologie e condizioni di criticità in largo anticipo rispetto all’insorgere dei sintomi, senza aspettare che questi si manifestino e si cronicizzino. Un approccio preventivo, quindi, anziché “di risposta” rispetto all’insorgere di malattie e complicanze cliniche, che potrebbe tanto apportare dei benefici per la salute complessiva del paziente quanto avere delle ricadute positive sulle strutture ospedaliere e il sistema sanitario, permettendo di pianificare in anticipo l’allocazione di risorse limitate.

 

Oltre alla prevenzione nel senso più ampio del termine, l’intelligenza artificiale permette di migliorare la qualità della vita e l’assistenza sanitaria dei pazienti lungo tutta la durata del “patient journey”. La possibilità di analizzare grandi quantità di dati provenienti dal profilo genetico, dalle condizioni fisiologiche e dalla storia clinica dei pazienti consente di sviluppare terapie personalizzate più efficaci e più sicure rispetto al passato. L’automazione dei dispositivi potrebbe infine portare a un ulteriore sviluppo della telemedicina, per monitorare con maggiore frequenza e precisione lo stato di salute dei pazienti da remoto.

 

A rendere possibile tutto questo saranno le piattaforme e gli algoritmi di intelligenza artificiale, uniti alla disponibilità di grandi quantità di dati. Piattaforme e algoritmi che devono essere in grado di gestire dati complessi ed eterogenei, apprendere da esperienze precedenti e adattarsi a scenari dinamici e incerti. Fondamentale, infine, sarà la relazione uomo-macchina: sia dal punto di vista della valutazione degli output dell’AI da parte di professionisti umani, sia dal punto di vista della capacità degli strumenti di intelligenza artificiale di interagire con pazienti e operatori sanitari in maniera naturale e intuitiva.

 

Conclusioni

 

È proprio dalla relazione tra medico e macchine, e tra pazienti e macchine, che a mio parere dipenderà gran parte del futuro di questa tecnologia. Così come la relazione medico-paziente riveste tuttora un ruolo fondamentale nella prevenzione e cura delle malattie, al tempo stesso la relazione tra persone e intelligenza artificiale farà la differenza tra un futuro in cui quest’ultima sarà destinata ad ambiti specifici e limitati di applicazione, e un futuro in cui essa diventerà uno strumento complementare e indispensabile all’esecuzione della professione medica, supportando il processo di “decision making”.

 

Sarebbe ridondante, qui, ricordare come l’intelligenza artificiale non sia in grado né sia progettata per sostituirsi tout court all’essere umano, tantomeno in una veste come quella del medico. Al contrario, nel miglior scenario possibile, l’AI potrebbe consentire al medico di ampliare la sua conoscenza e il suo potenziale di intervento, sfruttando la capacità di elaborazione, apprendimento e adattamento delle macchine, riducendo i costi, gli errori, e personalizzando le cure in base alle esigenze e le preferenze espresse dai pazienti. In conclusione, l’AI ha tutto per diventare l’“extended-twin” (il gemello “potenziato”) dei professionisti sanitari del futuro: sta agli attori coinvolti, ora, far sì che questa previsione possa trasformarsi in realtà.

 

Antonio Iovine

Innovation Manager