Che cosa vuol dire essere una persona “in salute”? Non si tratta, semplicemente, di una condizione caratterizzata dall’assenza di malattia. Secondo l’OMS la condizione di paziente sano coincide con una combinazione di benessere fisico, mentale, sociale che non può essere mai data per scontata. Per avvicinarsi a questo obiettivo è importante mutare l’inerzia di partenza con cui moltissime persone, ancora oggi, affrontano le attività di prevenzione, rinviandole sine die oppure spingendosi fino alla negazione tout court dei rischi.
Il paradosso italiano: sempre più preoccupati, sempre meno disposti a prevenire
La mancanza di prevenzione è un problema che riguarda moltissimi individui, soprattutto nel nostro Paese. Secondo una ricerca internazionale commissionata da Bupa International, ripresa da Fondazione Veronesi sul proprio sito web, gli italiani sono vittime di un pericoloso paradosso: la maggior parte dei nostri connazionali si dichiara preoccupata della propria salute, ma solo una minima parte effettua controlli regolari ed è disposta a modificare il proprio stile di vita per ridurre il rischio di malattie e complicanze in futuro.
La soluzione? Comincia dalla messa in discussione di schemi mentali tradizionali e consolidati. Non è più sufficiente, oggi, limitare le attività di prevenzione a una serie di esami di controllo, seppur a intervalli regolari. La salute riguarda ogni aspetto della vita umana, e solo modificando comportamenti, abitudini e strumenti impiegati è possibile ridurre al minimo il rischio di sviluppare malattie e disagi di natura fisica e psicologica. Non è possibile essere sani nel corpo, senza esserlo anche nello “spirito”: esiste una sola salute (“One health”, secondo l’OMS), da salvaguardare il più possibile.

L’importanza delle nuove tecnologie per il monitoraggio continuo della salute
Il cambio di passo si verifica nel momento in cui alla consapevolezza si affiancano mezzi adeguati di intervento: nel caso della prevenzione mi riferisco a nuove tecnologie, più performanti, più accessibili e più pervasive. Oggi la maggior parte delle persone dispone di dispostivi digitali – oggetti connessi, abiti “smart”, smartwatch, smartphone, smart glass – in grado di rilevare una molteplicità di dati sugli stili di vita, i parametri vitali e le “performance” in tempo reale. Questa disponibilità di informazioni, reimpiegabili a uso preventivo e diagnostico anche grazie all’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale , rappresenta una fortissima soluzione di continuità rispetto al passato, dove i dati erano prelevati saltuariamente e a costi elevati.
Non esiste, teoricamente, un limite oltre cui la tecnologia non possa arrivare, con l’obiettivo di restituire al “paziente” una riproduzione fedele del suo corpo, delle sue abitudini, dei suoi comportamenti e dei primi, seminascosti segnali di allerta. La novità di questi ultimi anni è data dal fatto che i nuovi sensori per la prevenzione in ambito sanitario non sono necessariamente inseriti all’interno di dispositivi medici standard: tutti gli oggetti connessi, potenzialmente, possono fungere da rilevatore dei segnali emessi dal corpo, fornendo un riscontro immediato in caso di sintomi chiaramente identificabili e restituendo uno storico quanto più possibile fedele per analisi e approfondimenti posteriori.
Dispositivi indossabili come smartwatch e anelli biometrici consentono di misurare parametri fisiologici che possono essere associati anche a condizioni di disagio psicologico. Alcune app consentono inoltre di tenere traccia delle variazioni nel proprio umore e comportamento, soprattutto se utilizzate sotto la supervisione di professionisti specializzati, Non mancano, infine, approcci più avanzati volti a esaminare il linguaggio scritto e parlato tramite algoritmi di AI e natural language processing onde rilevare segnali predittivi di disturbi psicologici al fine di effettuare interventi preventivi e personalizzati anche in quest’ambito.
Tecnologie native e non, per la creazione di un gemello digitale del paziente
Va così affermandosi un’industria tecnologica che, seppur non ideata nativamente per l’ambito sanitario, può contribuire in maniera determinante alla raccolta dei dati utili ai fini di una prevenzione quanto più possibile pervasiva. Dagli specchi “smart” per la mappatura della pelle fino alle toilette “intelligenti” che possono compiere analisi alla stregua di un mini-laboratorio diagnostico, fino alla disponibilità di vere e proprie capsule da ufficio in grado di rilevare i principali parametri vitali: tutti questi dispositivi prelevano dati che possono essere analizzati in loco, oppure trasferiti in tempo reale verso strutture specializzate.
Se fino ad oggi si è utilizzato il termine “Internet delle Cose” per descrivere questa digitalizzazione pervasiva di spazi e oggetti nella vita di ogni giorno, la declinazione nell’ambito della salute ci porta a sviluppare il concetto di “Internet degli Umani“. In questo contesto le persone diventano l’”hub” di riferimento attorno a cui agiscono e con cui si relazionano i diversi sensori presenti, al fine di restituire un gemello digitale umano utile a compiere ulteriori indagini sui problemi di oggi e sulle possibili criticità del futuro.
Verso l’origine del “codice” (genetico) degli esseri umani?
Spingendo ancora più in là lo sguardo è in dubbio che la prossima ondata di innovazione arriverà nell’ambito delle analisi predittive: i dati sull’ambiente esterno (come, ad esempio, i tassi di inquinamento degli ambienti maggiormente frequentati) uniti a quelli sui parametri vitali estratti dagli oggetti connessi potranno essere utilizzati e integrati nell’ambito delle analisi genetiche, a un costo enormemente inferiore rispetto all’attuale. Unendo tutti questi dati, e analizzandoli in maniera strutturata attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, potremo anticipare ulteriormente i tempi di diagnosi e intervento.
Le incognite, tuttavia, rimangono numerose: dall’effettiva adozione degli oggetti connessi sui grandi numeri all’adeguatezza delle attuali modalità di interoperabilità fra le tecnologie, messa in sicurezza dei dati e tutela della privacy degli individui, oltre ovviamente alla disponibilità di professionisti specializzati per attività di analisi, trattamento e cura. In questo senso, a fronte di un’importante accelerazione tecnologica e cambiamento delle aspettative e delle pratiche legate alla prevenzione resterà centrale il ruolo dei medici e dei professionisti sanitari: gli unici in grado di interpretare e di prendere decisioni di fronte a un gemello digitale che coinciderà sempre più con il suo modello originale.
Antonio Iovine
Senior Innovation Manager