Nome e Cognome | Sonia D’Errico
Ruolo | Founder e Chief Visionary Officer
Nome startup | PinAndGo
Settore | Turismo e Cultura
Anno di lancio | Settembre 2016
Per la rubrica Storie di Pow(H)er Generation,
oggi intervistiamo la founder di PinAndGo
Di cosa si occupa e qual è il punto di forza di PinAndGo?
PinAndGo promuove e valorizza l’intrattenimento intelligente in Italia per famiglie con figli e giovani. Cosa faccio nel weekend? Nella vacanze di Pasqua o Natale? Con la pandemia anche noi abbiamo dovuto fermarci ma abbiamo deciso di usare il tempo a disposizione per creare nuovi progetti intessendo una nuova e profiqua rete di collaborazioni e facendo un’approfondita analisi dei nuovi bisogni delle nostre famiglie e dei giovani. A maggio 2021 siamo stati selezionati da Cariplo Factory per il bando InnovaMusei 2021, un programma di accelerazione che ci ha permesso di perfezionare il nostro progetto “PinAndPlay”. Una piattaforma dedicata alle strutture d’intrattenimento che permette alle nostre famiglie di prenotare, acquistare biglietti, servizi, e attività di gamification all’interno del Museo e nella città: Escape Museum e Oltre L’opera e Caccia al tesoro culturali. Il nostro utente entrerà nel sito di PinAndGo dove potrà trovare:
-Minisiti dedicati alle strutture d’intrattenimento, cosa fanno e dove si trovano;
-Prenotare o acquistare esperienze di una giornata sul territorio (selezionate perché siano sostenibili, culturali e divertenti);
-Tour gioco di 3 giorni, un weekend emozionante con proposte insolite nella città di Milano, Roma e Napoli;
-Prenotare e acquistare “Giochi di Esplorazione Urbana”;
-Acquistare o prenotare tutti i servizi dei Musei: biglietti, visite guidate e i giochi pensati per loro Escape Museum e Oltre L’opera.
Com’è nata l’idea?
Stavo cercando di organizzare una vacanza con un po’ di amici con tanti figli, tutti di età diverse e con esigenze diverse. Volevo qualcosa di diverso dalle solite mete. Cercando cosa fare e come intrattenere i bambini mi sono accorta che mancava un sito con uno spirito di servizio, che mi raccontasse cosa fare in Italia con i bambini. Tanti blog, ma mancava un sito più smart dove reperire informazioni tecniche, acquistare velocemente e che mi rendesse facile anche calcolare le distanze. Nel tempo abbiamo creato qualche evento sul territorio andato molto bene e abbiamo cominciato a intervistare le nostre famiglie cercando di capire cosa cercassero sul territorio e abbiamo creato una rete di provider culturali con cui collaborare. Così sono nati i Tour nelle città d’arte, le esperienze per famiglie fino ai Giochi Urbani. L’idea alla base è sempre divertirsi imparando. Le nostre proposte per conoscere la storia di una città, i personaggi ad essa legati o semplicemente un gioco misterioso tra vie conosciute che magicamente diventano qualcosa da esplorare nuovamente. A breve saranno tutte prenotabili sulla piattaforma PinAndPlay.
Di cosa ti occupavi prima di lavorare in una realtà innovativa?
Prima di lanciarmi in quest’avventura ho lavorato in un centro sportivo, era un centro piuttosto grande con tante attività tra cui l’arrampicata (anche per bambini). È stata un’esperienza formativa importante, insegnavo in palestra da quando avevo 17 anni, poi sono cresciuta e mi sono trovata a gestire il personale delle sale corsi, organizzavo eventi e mi occupavo della parte di sviluppo del business e comunicazione. Eravamo un piccolo staff con tante competenze diverse e grande affiatamento. Avevamo diversi corsi per bambini e quest’esperienza mi è servita per entrare in empatia e capire le difficoltà delle strutture d’intrattenimento. La grande difficoltà ad emergere tra tutti gli stimoli che bersagliano quotidianamente i genitori. Mi manca un po’ l’ambiente dinamico e sfidante del centro sportivo, oltre che i miei colleghi, con cui condividevo idee e progetti, ma ammetto che anche quest’esperienza con PinAndGo si sta rivelando una bella sfida.
In base alla tua esperienza reputi che il percorso professionale femminile è più complicato di quello maschile?
Le ricerche dicono che le imprese gestite da donne sono più redditizie, un fenomeno di cui si parla ancora poco, le Mumpreneur. Fattore in grande ascesa soprattutto in UK. La definizione è: una donna che avvia e gestisce la propria attività oltre a prendersi cura del figlio o dei figli. Detto poco. Spesso avviare una società o start up richiede grande impegno, flessibilità e soprattutto mancanza di un reddito costante. Personalmente mi sono creata una rete di collaboratori con cui lavoriamo come rete d’impresa e non credo che mi vedano o mi giudichino come “donna” come se fosse un problema. In questo senso non credo di avere mai subito una discriminazione, è il carico mentale a cui siamo sottoposte che cambia, anche questo è un aspetto sfidante che, se affrontato nel modo giusto, permette una grande crescita personale poiché si diventa più produttive e più efficaci, ma è indubbiamente un carico importante e la maggior parte delle volte siamo sole ad affrontarlo e non ci viene riconosciuto. Per alcuni uomini, io ne ho incontrati davvero una manciata, non è facile considerare una donna alla pari. Va detto. E’ ancora cosi, si nascondono dietro a battutine o frecciatine per non sentire questo senso di disagio che personalmente non comprendo. Ma essendo un problema loro e non mio passo oltre e sorrido. In più occupandomi di famiglie con bambini è stato più facile risultare “pertinente e qualificata”.
Che consiglio daresti ad un aspirante imprenditrice che vorrebbe avviare un business?
Consiglierei di scegliere bene il team, trovare persone che abbiano competenze diverse, persone con cui si ha una buona empatia e che abbiamo la stessa voglia di mettere tempo e competenze con l’obiettivo di far crescere il progetto. Fondamentale nella fase iniziale. I momenti di frustrazione sono tanti e avere una rete di sostegno è fondamentale.
Come vedi la tua impresa tra dieci anni?
Dopo la full immersion di questi mesi, parte dello staff sta lavorando allo sviluppo della piattaforma PinAndPlay mentre alcuni di noi stanno cominciando a studiare il progetto PinHER che abbiamo in pancia da tantissimi anni. Abbiamo cominciato a reclutare qualche mamma con la scrittura delle prime esperienze: Serena in Toscana, Marina in Sicilia, Imma e Valentina in Puglia, Federica da Roma. L’idea iniziale era quella di reclutare mamme (ma non solo) che ci aiutassero a promuovere le attività ricreative del territorio, scrivendo qualche articolo, inserendo recensioni, coinvolgendo le famiglie. Ora con PinAndPlay i tour, le esperienze e i giochi d’esplorazione urbana, possiamo davvero pensare ad un impegno strutturato da gestire in autonomia. Abbiamo pensato da subito alle mamme, ma non in via esclusiva, poiché il progetto è pensato per le famiglie e sono soprattutto loro a scegliere posti per le vacanze e a conoscere bene le attività pomeridiane di intrattenimento. Inoltre dopo la pandemia sappiamo che sono e saranno le donne a rimanere a casa, i primi dati sono un po’ sconfortanti, quindi speriamo di riuscire a essere efficaci e poter dare una risposta anche in questo senso. Work in progress!
Cosa significa per te essere madre e imprenditrice?
Ho sviluppato il progetto di PinAndGo quando la mia piccola aveva nemmeno un anno. PinAndGo è cresciuto insieme a lei. Mi piace il mio lavoro e riesco a bilanciare abbastanza bene il tempo che dedico al lavoro e alle mie bambine. Di fatto mi sono accorta che lavoro continuamente. Ho il grande vantaggio di poter gestire il tempo e dedicare buona parte del pomeriggio godendomi il tempo con loro. Faccio una call mentre carico la lavatrice, finiamo i to do spesso al telefono mentre andiamo a prendere i bambini a scuola.
Quali conseguenze positive ha apportato la maternità sul tuo business?
Le mie due maternità sono state un momento estremamente creativo per me, piena di energia e voglia di fare. Con la maternità ho imparato ad aspettare, a pazientare che non è proprio del mio carattere. Riesco ad entrate più in empatia con le persone cercando di capire il loro punto di vista e sono più predisposta all’ascolto. Quando hai dei figli impari a fare una cosa fondamentale: Riprogrammare. Niente va mai come lo avevi programmata. Stai per uscire con la gonna pulita e stirata e la bambina ti abbraccia con la bocca sporca di cioccolato; hai una riunione, arriva la febbre; minuti contati per uscire di casa? Deve fare la cacca. Ah le gioie della maternità.
Così impari a riprogrammare continuamente in modo da continuare a vivere e salvare con quel briciolo di sanità mentale che resta. La stessa cosa la applichi sul lavoro. Un problema che non riesci a risolvere, riprogrammi, ti concentri su altro e poi la soluzione arriva, spessissimo quando smetti di cercarla. Devo dire che nella squadra i miei soci maschi, che hanno sempre lavorato come liberi professionisti, hanno anche co-partecipato alla crescita delle figlie, quindi capiscono perfettamente la difficoltà del ruolo. Le mie figlie mi hanno reso una persona migliore, per loro cerco ogni giorno di essere la versione migliore di me stessa, con questo lavoro e nella mia vita cerco di far capire loro che si cade, si sbaglia e si ha la possibilità ogni giorno di ricominciare tutto da capo, ogni emozione è stata uno spunto per capire come conoscere meglio se stessi con le tante risorse e i tanti limiti. Così lo ricordo anche a me stessa.
Come sei cambiata in questi anni da imprenditrice?
Questa forse è la parte più divertente. Cercando di far crescere la mia attività sono cresciuta anche io, anche se sono molto lontana da sentirmi un’imprenditrice. Ho vissuto parecchie vite da quando ho cominciato questo percorso e conosciuto tante persone. Spesso mi sono riflessa negli occhi degli altri non trovando l’immagine che avrei voluto, in realtà ho scoperto che vedevo quello che mi fa faceva paura, in parte dovuto al giudizio costante e alla mia incredibile autocritica, poi ho cominciato a lavorare su di me e ogni critica (non sempre costruttiva diciamolo), me la sono messa in tasca e ho continuato a cercare la strada. Ho smesso di giudicarmi, faccio del mio meglio e quello che non so fare oggi, posso imparare a farlo domani o chiedere una consulenza. Ho sempre vissuto cercando di non offendere gli altri, di accontentarli. Ora non più. Che liberazione. Dico molto più spesso NO. Senza sentirmi in colpa. Non voglio più dare spiegazioni, ho imparato a fare le scelte che servono, e se dovessero rivelarsi sbagliate, meglio. Avrò imparato qualcosa durante il percorso, meglio sbagliare con la propria testa che sbagliare per accontentare gli altri e questo lo applico sia sul lavoro che nella vita privata. Chi ti vuole bene e ti sorregge lo fa nonostante tutto ed è stato proprio il team con cui collaboro tutti i giorni a insegnarmelo. Ho imparato a chiedere aiuto, a chiedere consigli e a confrontarmi, quando posso demando e se una cosa non va nella direzione che vorrei non mi accanisco e cerco di seguire il flusso.
Grazie a Sonia per aver condiviso la sua storia di empowerment,
con l’augurio che possa essere d’ispirazione per le Founder di domani!