In uno scenario internazionale caratterizzato da profondi cambiamenti e riposizionamenti le filiere industriali stanno andando incontro a processi di ripensamento radicali. Le filiere strategiche, in particolare, possono ricevere un impulso significativo dall’utilizzo di nuove metodologie pensate appositamente per far dialogare tra loro imprese, capitali e istituzioni, in maniera rapida e ottimizzata: una di queste è il venture building.
Il venture building di filiera, nello specifico, è un processo che prevede la creazione di nuovi prodotti e servizi attraverso il coinvolgimento di stakeholder diversi, in diverse fasi del progetto, accumunati dall’appartenenza alla medesima “value chain”. Il vantaggio di questa metodologia è quello di identificare rapidamente i bisogni della filiera e, al contempo, di facilitare l’adozione dei nuovi prodotti e servizi in maniera più efficace da parte delle aziende che operano nella filiera stessa. Infine, questo approccio permette di sperimentare nuovi metodi e canali di collaborazione fra tutte le persone e gli attori coinvolti.
Quattro aziende su cinque hanno avviato o intendono avviare iniziative di venture building
Il venture building sta attraversando un momento di crescita importante nel nostro Paese, seppur su livelli ancora diversi rispetto a quelli raggiunti in ecosistemi più maturi. Secondo l’ultimo Osservatorio Open Innovation Lookout del Politecnico di Milano quasi quattro aziende su cinque conoscono questa metodologia, soprattutto nell’ambito hi-tech, energia, finanza e assicurazioni, con un’impresa su quattro che ha avviato iniziative di venture building e il 59% che sta valutando seriamente l’utilizzo di questo strumento. Solo un’azienda su cinque, infine, esclude del tutto la possibilità di fare venture building nei prossimi tre anni.

In questo contesto, il venture building comincia a essere adottato anche su dimensioni e scale più ampie rispetto a quelle di una singola azienda. Emblematico, in questo contesto, è l’esempio di Maritime Ventures, il primo progetto di multi-client venture building del settore marittimo in Italia, ideato da CDP Venture Capital e realizzato da Cariplo Factory e Bridgemaker in joint venture, con la partecipazione di importanti player industriali e finanziari. L’obiettivo del progetto è quello di digitalizzare la filiera del settore navale e logistico-portuale attraverso la creazione di 10 nuove startup in tre anni, rispondendo a un bisogno di innovazione che le singole PMI, da sole, faticherebbero a soddisfare con le proprie risorse.
I vantaggi del venture building applicato alle filiere industriali
Nel caso di Maritime Ventures, in particolare, la metodologia del venture building consente di facilitare la collaborazione fra soggetti diversi per dimensione, specializzazione e approccio all’innovazione, mettendo a fattor comune risorse e asset sottoutilizzati in risposta a bisogni specifici e non procrastinabili.
In questo contesto, il venture building consente di coinvolgere su gradi diversi di intensità tutti gli attori di una determinata filiera, senza lasciare indietro nessuno. Rispetto a forme di collaborazione più tradizionali, questa metodologia genera un impatto che va oltre i risultati di breve termine: sinergie, scambi, relazioni dirette tra imprese e istituzioni che possono portare, in futuro, a ulteriori e interessanti sviluppi.
Nello specifico, il venture building applicato alle filiere industriali porta nel breve termine a:
- maggiori occasioni di networking, favorendo la condivisione di informazioni, capitali, talenti fra diverse realtà attraverso un metodo definito e regole chiare per tutti i partecipanti fin dall’avvio del progetto
- maggiori opportunità di fundraising, grazie al coinvolgimento di corporate e istituzioni finanziarie disposte a investire nelle startup create oppure a concedere loro linee di credito agevolate, grazie al sostegno attivo della filiera coinvolta nel progetto
- maggiori probabilità di arrivare al Poc per gli imprenditori incaricati di sviluppare le nuove ventures, in virtù della creazione di aziende nate specificamente per risolvere un determinato problema dei player coinvolti nel progetto
Lo strumento, ovviamente, non può essere applicato in tutti i casi e tutti i contesti possibili. La presenza di player istituzionali, la tipologia di aziende coinvolte e rappresentative dell’intera filiera, la possibilità di focalizzarsi entro limiti geografici e operativi definiti e l’esperienza pregressa del venture builder sono tutti fattori che possono contribuire, spesso in maniera determinante, alla nascita e al successo dell’intero progetto.
Uno strumento per far uscire il potenziale inespresso
Il venture building rappresenta quindi uno strumento innovativo per far uscire il potenziale inespresso di innovazione delle corporate, senza essere frenato all’origine da forme di collaborazione troppo rigide e appesantite dalla burocrazia. Lo strumento consente di abbassare, in maniera significativa, resistenze interne delle corporate e istituzioni verso l’innovazione “aperta” per raggiungere in breve tempo risultati concreti.
In un periodo di transizione su scala globale, dove nuovi confini sorgono ovunque e i limiti delle filiere tornano a essere fortemente influenzati dalla dimensione geopolitica, il venture building rappresenta uno strumento per creare nuovi legami laddove imprese, capitali, istituzioni e soprattutto talenti faticano a trovare rapidamente un punto di incontro intorno a problemi comuni. In prospettiva, quello che oggi è un movimento ancora per lo più spontaneo e affidato all’iniziativa di player lungimiranti potrebbe diventare, in futuro, un processo quasi imprescindibile per interi settori costretti a fare i conti con un mondo che non c’è più.