Dopo un paio di anni di consolidamento, il private equity ha fatto registrare nel corso del 2024 un aumento del 37% del valore complessivo delle operazioni di buyout e del 34% del valore totale delle operazioni di exit, secondo il Global Private Equity Report 2025. In questo contesto, il settore deve oggi far fronte a nuove sfide sistemiche, tra inflazione, aumento del costo del debito, politiche commerciali e tensioni geopolitiche ricorrenti, attraverso un profondo ripensamento di strategie e strumenti per la generazione del valore.
I vantaggi della collaborazione con le società di venture building e la crescita delle ventures create in collaborazione con provider specializzati
Tra i nuovi strumenti si distingue, in particolare, l’opportunità di avviare collaborazioni e partnership con i venture builder. Le società di venture building offrono ai private equity un accesso immediato ai principali ecosistemi dell’innovazione, italiani e internazionali, oltre a disporre delle competenze necessarie per la generazione di valore nelle ventures in portfolio.
In questo contesto non deve sorprendere il fatto che il settore del venture building sia cresciuto rapidamente negli ultimi anni, come rilevato dall’ultimo Osservatorio Open Innovation Lookout del Politecnico di Milano. Il 26% delle imprese italiane, analizzate dai ricercatori, ha lanciato almeno un’iniziativa di venture building negli ultimi 4 anni, creando oltre 240 nuove venture, con un forte protagonismo delle imprese di medie e grandi dimensioni che rappresentano l’81% del totale. Oltre 200 ventures su 240 sono state sviluppate in collaborazione con società specializzate, a conferma dell’importanza del supporto esterno per il successo delle iniziative. Tra il 2021 e il 2024 il numero di iniziative supportate da service provider specializzate è, in sostanza, più che raddoppiato.
Le leve di intervento del venture building nelle società di un fondo di private equity
L’ambito del private equity – con le sue caratteristiche, le sue ritualità, le sue metodologie consolidate – rappresenta per i venture builder al tempo stesso una sfida e un’opportunità per valorizzare appieno le proprie competenze. I progetti che i venture builder più esperti possono sviluppare possono essere di varia natura, in base alle necessità delle società partecipate dal fondo e del loro livello di partenza in termini di tecnologia, competenze, figure specializzate.
Nella prospettiva di una collaborazione di medio-lungo termine, la metodologia modulare sviluppata da Cariplo Factory in partnership con BridgeMaker consente di fare leva sulle competenze, il network e le metodologie proprie del venture building per incrementare il valore del portfolio dei fondi di private equity. Un risultato che può essere raggiunto a partire da un’analisi sistematica della profittabilità, del gap tecnologico, della disponibilità di brevetti e del potenziale di mercato delle singole aziende investite.

Una volta conclusa la fase di analisi, sono quattro le leve di intervento che il nostro venture builder è in grado di attivare:
- collaborazione con startup presenti nel nostro network, dalla fase di scouting allo sviluppo di un PoC, per accelerare la messa a terra di progetti innovativi da parte delle aziende presenti nel portfolio del private equity
- digitalizzazione e automazione dei processi delle aziende del portfolio attraverso l’uso dell’AI, sfruttando le competenze tecniche del team di venture budilding
- lancio di nuovi prodotti e servizi per le aziende più promettenti, attraverso processi di ideas building, validazione di mercato e creazione di un MVP
- analisi di Life Cycle Assessment e integrazione dei risultati nella strategia dell’azienda, al fine di migliorare le condizioni di accesso al credito bancario
Le premesse per la collaborazione tra team di venture building e imprese partecipate dai private equity, sulla carta, ci sono tutte: secondo un’analisi di McKinsey, compiuta su oltre 1.100 business leader, il venture building si è affermato nel corso degli ultimi anni come uno dei principali strumenti per sostenere la crescita aziendale, anche grazie alle prospettive offerte dall’intelligenza artificiale generativa, e più della metà dei CEO intervistati considerano il venture building fra le tre priorità strategiche della propria azienda.
In questo senso, è importante che il coinvolgimento del venture builder non venga percepito come una “imposizione” dall’alto, bensì come un supporto in grado di generare valore per il fondo e per le partecipate attraverso una metodologia in rapida affermazione e capace di raggiungere risultati concreti in tempi relativamente brevi. Il timing dell’intervento rispetto al ciclo di vita dell’azienda in portfolio, il track record pregresso, l’esperienza del venture builder, le leve di intervento utilizzate sono le variabili fondamentali per decretare il successo di questo tipo di collaborazione.
Le ricadute reputazionali e culturali della collaborazione tra venture builder e private equity
Rispetto ad altre modalità di creazione del valore “tipiche” del private equity, il venture builder ha il vantaggio di essere uno strumento pensato non tanto per ridurre (costi, risorse, etc.) quanto per creare nuove opportunità. Non serve a rendere più efficiente l’esistente, quanto a esplorare possibilità e strade diverse. Si tratta, in conclusione, di un salto culturale rilevante per gli operatori di private equity, che può contribuire a cambiare in positivo la loro percezione verso i propri stakeholder, le istituzioni e la società nel suo insieme: non più soggetti specializzati nel taglio (dei costi, delle risorse, dei business improduttivi), e nell’efficientamento, ma soggetti che generano valore aggiungendo competenze, risorse, prodotti, modelli di business, grazie a una nuova metodologia.