Storie di Pow(H)er Generation
Storie di Pow(H)er Generation con EcoSteer
Nome e Cognome | Elena Pasquali
Ruolo | Founder
Nome startup | EcoSteer
Settore | Software
Anno di lancio | 2017
Per la rubrica Storie di Pow(H)er Generation,
oggi intervistiamo la founder di EcoSteer
Di cosa si occupa e qual è il punto di forza della Ecosteer?
EcoSteer è una start-up innovativa in ambito IoT e Blockchain che si occupa di Ownership e Monetizzazione dei dati prodotti da dispositivi connessi; il suo obiettivo è porre le basi tecniche di una nuova economia dei dati, decentralizzata e distribuita, in linea con gli obiettivi espressi dalla Commissione Europea nel recente documento sulla Strategia Europea per i Dati:
“Nuove tecnologie digitali decentralizzate, quali la blockchain, offrono sia alle persone sia alle imprese un’ulteriore opportunità di gestire i flussi e l’utilizzo dei dati sulla base di una libera scelta individuale e dell’autodeterminazione. Simili tecnologie renderanno possibile la portabilità dinamica dei dati in tempo reale per le persone e le imprese, oltre a vari modelli di compensazione.”
Grazie all’insieme di competenze ICT, legali e business del suo team, EcoSteer ha sviluppato e brevettato la DOP – Data Ownership Platform (Brevetto US N. 10771243), una tecnologia che utilizza multicast end-to-end encryption e blockchain smart contracts per permettere ai legali proprietari dei dati – consumatori e cittadini – di avere pieno controllo sul loro accesso da parte di terzi e di essere ricompensati per il loro utilizzo.
Il modello di Business di EcoSteer si basa sulla vendita di licenze software della DOP, con l’obiettivo di permettere alle aziende dei settori energia e mobilità – il target iniziale di EcoSteer – di creare i propri Data Echange Hubs, dove coinvolgere business partners e clienti in un ciclo di valorizzazione del dato conforme alla GDPR ‘by design’.
Con Ecosteer avete realizzato un tuo sogno nel cassetto o stravolto i vostri piani?
Ahimè sono una startupper seriale – è una malattia…. non sono in grado di accettare l’ordine costituito! La volontà di costruire il cambiamento è il mio principio vitale. Nella sua attuale incarnazione – ovvero con un focus su data ownership – la mia startup è l’ultimo passo di un percorso iniziato circa vent’anni fa con la mia prima startup, WareLite. Oggi il mio obiettivo e’ utilizzare la tecnologia come leva per scardinare l’attuale oligopolio sui dati, restituendo dignità ai cittadini e permettendo ad aziende di ogni dimensione, come pure alle istituzioni, di sfuttarne il potenziale trasformativo.
Di cosa ti occupavi prima di lavorare in una realtà innovativa?
Ho avuto una carriera estremamente diversificata. Con una laurea in Scienze Biologiche, ho trascorso i miei primi cinque anni lavorativi nel settore Life Sciences, occupandomi di vendite e Marketing. Nel 1997 ho avuto l’opportunità di trasferirmi in Inghilterra per intraprendere una nuova carriera nel settore della Consulenza. Ho lavorato per ‘boutiques’ e per Capgemini prima di essere assunta da SAP come CRM Product Manager – vivendo in Inghilterra e lavorando a Walldorf, dove mi recavo in aereo ogni Lunedì…. Nel 2003 ho lasciato SAP ed ho fondato la mia prima startup, Warelite Ltd, sviluppando una piattaforma che oggi sarebbe definita una Decentralised Ledger Technology basata su database ‘sharding’…. decisamente troppo visionaria per l’epoca. Pur avendo ottenuto riconoscimenti importanti (Gartner ‘cool vendor e – appunto – ‘visionary’), nel 2008 ho deciso di accettare un’offerta di lavoro da parte del gruppo GE che mi ha portata a Firenze – ma mantenendo la mia base in Inghilterra.
L’ultima posizione che ho ricoperto in GE è stata di responsabile degli ‘HR shared services’ per le 28 aziende italiane del gruppo – con un team di circa 20 persone. Ma, come ho detto, il richiamo dell’innovazione è stato irresistibile!
Nel 2014 sono ritornata definitivamente in Inghilterra per cominciare a lavorare su alcune idee per un nuovo business e, quando nel 2016 il referendum sulla Brexit è stato vinto dai ‘leavers’, ho deciso di lasciare gli UK e fondare EcoSteer in Italia. Nel 2019 ho venduto la mia adorata casa nella campagna dello Hampshire e mi sono trasferita a Bolzano – nuova vita, nuove opportunità!
Cosa vuol dire per te innovazione?
Come nasce un’idea innovativa? Certamente non, come molti pensano, cercando la soluzione di un problema. L’approccio teleologico della consulenza aziendale classica – studio dei processi attuali, definizione dei processi futuri, analisi della distanza tra i due e ricerca degli strumenti tecnologici per colmarli – genera un miglioramento dell’esistente, non la discontinuità che caratterizza l’innovazione.
Alla base di questo tipo di metodologia vi è una modalità di apprendimento che ha come obiettivo quello di inserire ogni nuova informazione all’interno di un sistema formale pre-esistente. Ed in questo modo per migliaia di anni ogni nuova osservazione astronomica è stata utilizzata per rafforzare la visione geocentrica dell’universo…..
Ma qual’è allora il processo di apprendimento che porta a generare innovazione?
Tenterò di spiegarlo raccontando la nostra esperienza. La mia start-up, EcoSteer, nasce nella primavera del 2017 per risolvere il problema di come convertire apparati industriali in flussi di dati nativamente interoperabili, e quindi utilizzabili contemporaneamente da molteplici applicazioni e stakeholders. Immediatamente ci poniamo il problema di come permettere all’azienda che genera i flussi di dati di controllarne la condivisione, ma riponiamo l’idea in un cassetto.
Nell’estate del 2017 veniamo selezionati da H-FARM per un programma di accelerazione dedicato all’Industria 4.0. Tra i nostri mentors vi è un’imprenditrice della Silicon Valley che ci propone due concetti come mantra: ‘compliance’ e ‘blockchain’. L’importanza di entrambe ci appare evidente, ma non riusciamo ancora a definire come utilizzarli.
Nel 2018 accadono due fatti che cambiano tutto: entra in vigore la normativa europea sulla privacy (GDPR) e partecipo ad una serie di seminari sulla Decentralized Ledger Technology. Qui incontro un pioniere della blockchain che, sentendo di cosa si occupa EcoSteer, mi dice: ‘Ma perchè non tokenizzate i vostri flussi di dati?’
BANG! Improvvisamente tutte le idee sinora raccolte – e lasciate in uno stato di fluttuazione caotico – trovano collocamento in un nuovo schema: la nostra Data Ownership Platform utilizzerà ‘blockchain’ Smart Contracts per ‘tokenizzare flussi di dati’ e permetterne la condivisione in ‘compliance’ con la ‘GDPR’.
La nostra innovazione nasce dall’accettazione del caos – così come è sempre accaduto. Charles Darwin visitò le Galapagos come ospite del capitano del Beagle – non con finalità di studio. Le sue osservazioni sulla variabilità fenotipica dei fringuelli rimasero in un cassetto, insieme alle idee di Lamarck sull’evoluzione della specie, sino a quando la lettura di Malthus non lo portò a formulare la teoria della selezione naturale: un nuovo sistema di riferimento in grado di co-ordinare logicamente idee, fatti, suggestioni – vecchie e nuove.
L’incertezza è la radice della conoscenza. L’orror vacui non deve spingerci a cercare di imbrigliare nuove tecnologie, idee, ed eventi storici all’interno di vecchi sistemi di riferimento. In un mondo che cambia sempre più velocemente dobbiamo essere capaci di continuare ad inventare nuovi schemi intepretativi, accettando il momentaneo disordine lasciato dal rapido scardinamento di quelli pregressi. Solo così continueremo a produrre innovazione.
Hai vissuto delle difficoltà in Italia nel reperire finanziamenti o chiudere grandi round?
Grazie ad una nostra Advisor, Silvia Tessari, nel 2018 scopriamo la possibilità di richiedere contributi finanziari per progetti innovativi alla Provincia Autonoma di Bolzano (PAB). Presentiamo domanda –
senza troppe aspettative. Con nostra grandissima gioia la domanda viene accolta – ma si presenta un nuovo problema. Poichè la sede legale dell’azienda non è a Bolzano bensì a Firenze, la PAB richiede una fideiussione bancaria per metà del contributo che verrà erogato. Naturalmente la banca pretende che l’intera cifra venga versata – cosa impossibile per le nostre finanze personali. Ed è proprio mentre sto per abbandonarmi alla disperazione che sopraggiunge il proverbiale cavaliere sul cavallo bianco: un investore privato che decide non solo di coprire la fideiussione, ma di finanziare lo sviluppo iniziale del progetto.
La decisione di trasferirci a Bolzano si rivela vincente: veniamo accolti nell’incubatore del NOI TechPark ed otteniamo ulteriori contributi dalla Provincia per proseguire lo sviluppo del prodotto e per il suo brevetto.
Raggiunti questi obiettivi – e validata la nostra tecnologia con un primo cliente – ci troviamo ora in un classico ‘catch 22’: per ottenere ulteriori finanziamenti privati abbiamo bisogno di più clienti e per poter gestire più clienti abbiamo bisogno di finanziamenti….. E’ un problema classico delle tecnologie ‘deep tech’, che tipicamente hanno un ciclo di adozione di 10 anni – e per le quali ahimè in Europa ancora manca la cultura finanziaria: mentre tra il 2014 ed il 2018 negli US sono stati investiti $100Bn in deep tech, in Europa questa cifra ammonta solo a $22Bn.
Ma le cose stanno cambiando: il tasso di crescita degli investimenti Europei in deep tech nello stesso quinquennio è stato del 688% – circa il doppio degli States, che si attestano sul 343%. Inoltre la strategia di ‘sovranità digitale’ promossa dalla Commissione Europea apre nuove opportunità per tecnologie infrastrutturali.
In questo contesto la Commissione ha evidenziato il grande valore dei dati nei documenti sulla Data Strategy (19.2.2020, COM(2020) 66 final) e sulla Data Governance (25.11.2020, COM(2020) 767 final). Come EcoSteer stiamo lavorando per un ulteriore accelerazione di questa strategia: nel nostro mondo iperconnesso il focus della Data Governance va spostato dalla protezione di dati statici al loro punto di raccolta – il database – al controllo sull’accesso a flussi di dati al loro punto di generazione – il dispositivo connesso. Questo è il compito della Data Ownership Platform di EcoSteer.
In base alla tua esperienza reputi che il percorso professionale femminile sia più complicato di quello maschile?
Il percorso di carriera maschile può essere paragonato alla scalata di una vetta: un’enorme fatica, ma con un obiettivo ben visibile, raggiungibile con il corretto allenamento e la giusta attrezzatura.
La metafora migliore per descrivere invece il ‘percorso’ di carriera femminile è l’avventura di Sandra Bullock nel film ‘Gravity’: saltare da una navicella in fiamme all’altra, improvvisando soluzioni con il poco materiale disponibile, con la speranza incrollabile di raggungere la Terra.
Siete esperte di un settore che il pregiudizio e il pensiero comune associa a un’inclinazione prevalentemente maschile. Che impatto ha questo stereotipo e come si può scardinare?
In prima elementare la maestra, con l’obiettivo di spiegare alle bambine l’importanza del contributo femminile alla scienza, ci raccontò la storia di Pierre e Marie Curie. Mentre Pierre aveva scoperto la radioattività, Marie ne aveva compreso la potenziale applicazione nella cura del cancro.
Una storia edificante ed innocua? Non proprio.
Questa storia ha tre implicazioni gravissime. La prima è che il pensiero astratto sia prerogativa maschile. La seconda è che il ruolo della donna nella scienza sia il naturale prosieguo del suo ruolo in famiglia – cura ed accudimento. La terza è che, poichè curare e salvare vite è ovviamente l’impiego più nobile, gli ambiti che non lo prevedono direttamente siano ‘aridi’.
E’ così che le bambine sono spinte – inavvertitamente, addirittura dolcemente – allo scartare a priori lo studio di materie ‘aride’ quali ingegneria, fisica, matematica, informatica. Lasciandole agli uomini. Questo pregiudizio è vivo e presente e si riflette nelle aspettative di investitori ed istituzioni sul ruolo delle startups femminili. Ci si aspetta infatti che le donne fondino attività dedicate ad ambiti femminili – moda, cura dei bambini, alimentazione – di cura – medtech, biotech – o con un chiaro scopo sociale – ad esempio blockchain per microcrediti a soggetti svantaggiati. Proprio recentemente ho partecipato ad una call per donne imprenditrici che chiedeva esplicitamente se la startup operasse in uno di questi ambiti.
Prendere coscienza di questa attitudine tossica e’ il primo passo per modificarla e lasciare spazio a chi, come me, non vuole prendersi cura del mondo, bensì cambiarlo.
Nello sviluppo di un percorso imprenditoriale quanto è importante secondo te fare rete? Con Ecosteer hai ricevuto supporto, soprattutto da parte di altre donne, determinante per il tuo business?
E’ fondamentale! Non saremmo arrivati dove siamo ora senza l’aiuto delle tante persone che hanno creduto in noi e nella nostra tecnologia. Ed il contributo di altre donne è stato essenziale: a partire da Silvia, che ho citato precedentemente, e dalla nostra straordinaria Business Development Director Giada Zanatta – conosciuta in H-FARM! – sino alle meravigliose Avvocate di Iusintech, che hanno validato la Data Ownership Platform dal punto di vista legale.
Che consiglio daresti ad un aspirante imprenditrice che vorrebbe avviare un business?
Non porti limiti – non ne hai. Non pensare di dover sapere tutto: individua le competenze che ti mancano e circondati di persone che le hanno. Non aver paura di chiedere aiuto: le persone sono felici di sentirsi utili. Delega, fidati dei tuoi collaboratori: le responsabilità sono gratificanti. Preparati per una gara di resistenza, non farti sconfiggere dalle inevitabili delusioni: bisogna baciare molti rospi prima di incontrare un principe!
Quale è stato il momento di soddisfazione più grande che hai vissuto nel contesto della tua avventura imprenditoriale?
Quando dopo due mesi dalla data del deposito del nostro brevetto sulla Data Ownership Platform abbiamo ricevuto la ‘notice of allowance’ dall’ ufficio brevetti statunitense – senza una sola obiezione e per tutte le nostre 30 rivendicazioni. Mi ci sono volute 24 ore e svariate telefonate ai nostri Avvocati negli States per rendermi conto che fosse proprio vero!
Quanto è stato utile partecipare a percorsi di incubazione o accelerazione sia in termini di networking che finanziari?
Senza la partecipazione al nostro primo acceleratore in H-FARM non saremmo mai partiti, Plug & Play a Sunnyvale stata essenziale per chiarire il nostro business focus e se non fossimo all’interno del programma di incubazione del NOI TechPark non saremmo progrediti sino al punto attuale.
Detto questo, troppi acceleratori sono focalizzati sui primissimi stadi di vita di un business, con una predilezione per modelli B2C; sono ancora troppo poche le iniziative tese ad accompagnare le startups B2B nella ricerca di finanziamenti o in un percorso di collaborazione con le aziende. Questo percorso è particolarmente importante in Italia per le startup in ambito deep tech. Infatti, mentre gli investitori nostrani difficilmente possiedono le conoscenze necessarie per apprezzare l’innovazione tecnologica ‘profonda’, tali conoscenze si trovano in abbondanza nelle grandi aziende Italiane – come dimostrano la collaborazione con Alperia e l’accordo di partnership che abbiamo da poco siglato con NTT Data.
Grazie a Elena per aver condiviso la tua storia di empowerment,
con l’augurio che possa essere d’ispirazione per le Founder di domani!
Per maggiori informazioni sull’iniziativa Pow(H)er Generation ti invitiamo a scoprire di più sul sito ufficiale di Cariplo Factory.